Blade runner, Recensione film


 "Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare"




Blade Runner è un film ormai di culto. una pellicola che inizialmente non fu capita e addirittura fu un flop di critica e pubblico, ma che con il passare del tempo influenzò l'immaginario collettivo.

Il film si basa sul romanzo di Philip K. Dick "Il cacciatore di androidi"(titolo originale "Do Androids Dream of Electric Sheep?").
Nel libro, come nel film, si cerca di capire il confine tra uomo e macchina, tra umanità e circuito.

Cosa ci rende davvero umani? ricordi?  legami familiari? pensieri? sentimenti? attaccamento alla vita?

Ci troviamo nella Los Angeles del 2019.

Una incessante pioggia copre questo paesaggio distopico, fatto di strade sovraffollate, maxi pubblicità, luci e ologrammi. Dall'alto della città regna la figura della Tyler corporation, una multinazionale che crea androidi, chiamati dalla popolazione replicanti.

Ridley Scott, regista della pellicola, segue Harrison Ford nelle sue disavventure alla caccia di 4 androidi ribelli della Tyler.
Scott, eleva poi il film attraverso una regia sontuosa e magnifica, che insieme alla fotografia spettacolare di Cronenweth e le musiche di Vangelis portano lo spettatore ad immergersi completamente nell'atmosfera.

Blade Runner è quindi un storia piccola, minuscola all'interno di un maxi universo quasi solo accennato all'interno del film.

Inutile sottolineare ancora la valenza storica di questo capolavoro, che ha poi generato nella mente di altri registi e sceneggiatori film come ex machina e serie tv come black mirror.

La scena più famosa, quella di cui ho citato una frase all'inizio , e forse una delle scene più importanti della storia cinematografica, dove il film diventa poesia e la poesia cattura il film: un androide che alla fine della sua vita ricordo tutto ciò che ha visto e condivide questo ricordo con gli altri, affranto del fatto che ogni suo ricordo e ogni sua azione verranno dimenticati.






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