Suburbicon, Recensione Film


George Clooney torna alla regia, dopo il deludente Monuments man(2014), con Suburbicon, una storia scritta da lui insieme ai Coen e allo storico collaboratore Grant Heslov.


Ci troviamo nella splendida città di Suburbicon, una città modello degli anni 50, e via via che la trama avanza veniamo trasportati in una storia di inganni e violenza, celata sotto il velo superficiale della cittadina perfetta.

Clooney, come in "Confessioni di una mente pericolosa",Good night, and Good luck" e "Le idi di marzo", farcisce il film di critica politica e sociale. Utilizza gli anni cinquanta per parlare degli Stati Uniti odierni.

Nella storia e nell'impianto drammaturgico si sente l'anima Coeniana, ma Clooney riesce a dare una sua identità al tutto .


Ottima la regia, molto frenetica ma adatta a questo noir atipico. La fotografia da un'aura speciale alla città di Suburbicon, rendendo il tutto quasi un universo alternativo al nostro.

Matt Damon, imbolsito e appesantito, che da una buona interpretazione, non eccellente, ma perfetta per il film che Suburbicon. Julianne Moore, invece è perfetta nel suo doppio ruolo. ma le parti più riuscite sono quelle del caratterista Glenn Fleshler e di Oscar Isaac( che compare sullo schermo poco più di 15 minuti).

Una pellicola che riesce a mantenere la tensione fino alla fine, che diverte attraverso l'ironia tipica dei Coen, e che nel finale lascia l' amaro in bocca, mostrando che la società non cambierà mai e non migliorerà mai; una feroce critica all'americano medio e alla sua cecità e stupidità, che traspare soprattutto nei minuti finali attraverso le parole di una donna alla telecamera di un notiziario.

La mano di Clooney però smorza un pò tutto questo impianto pessimista attraverso un immagine di speranza finale.

Il suo migliore resta "Good night, and good luck", ma Suburbicon rimane un film pienamente riuscito.





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