The Square, Recensione film















"Se prendessi la tua borsa e la mettessi lì, sarebbe un'opera d'arte?"

Il film svedese di Ruben Ostlund, già noto per Forza Maggiore, si apre con il dialogo tra Christian, il curatore di un museo di arte contemporanea e Anne, una giornalista americana che in realtà si dimostra estremamente insensibile alle installazioni della galleria e al concetto stesso di arte contemporanea.

Da una scintilla (Christian viene derubato del portafogli) scocca la fiamma che incendia la narrazione degli eventi tragicomici che si susseguono e sovrappongono in maniera morbosa eludendo completamente la relazione con la causa scatenante. Infatti dal furto conseguono le intimazioni a tutti i condomini del ladro, quindi la vicenda del bambino che a sua volta minaccia Christian di far "piombare la sua vita nel caos" se non si fosse scusato, e ancora l'assenza dal lavoro del protagonista che vede quindi la strategia promozionale del museo sfociare nello scandalo in quanto lasciata in mano a due fanatici della viralità in internet.















Tutto questo, tra cuochi irritati da donatori poco discreti, artisti che si convincono scimmioni e terrorizzano gli ospiti di una cena di gala, relazioni amorose imbarazzanti, spazzini che ripuliscono opere d'arte, è la constatazione che l'individuo medio non coglie la forza espressiva dell'arte dalla quale l'autore decide di costruire questa opera che si compiace della sua natura di video installazione.

In una squilibrata narrazione induttivo che accoglie continuamente nuovi filoni e tematiche che poi vengono lasciati irrisolti, in un raffinato insieme di gag che canzonano l'uomo moderno e la sua mancanza di valori, nella costruzione frammentata e stravagante della vicenda che fa "piombare la sua vita nel caos" scopriamo la caratteristica che accomuna scene del film: la degenerazione della società, che non è più in grado di dare un'interpretazione delle cose (come l'arte contemporanea).














Tutti i valori che ammettiamo avere consolidati sono in realtà soggetti alla precarietà della nostra forza di volontà che si lascia tentare dalle facili scorciatoie, dalle tentazioni, dalla diffidenza nei confronti degli altri (esplicativa la scene del preservativo) ed è quindi molto facile convincersi che si possa fare uno strappo alla regola, ma in questo il caso non si raggiunge mai la quadratura del cerchio, e l'installazione principe del museo, il quadrato di fiducia e amore con il perimetro luminoso al cui interno tutti hanno pari diritti e doveri resta un'utopica visione ideale di quella che anche nella moderna Svezia, ricca e colta, risulta una comunità schiava dei propri pregiudizi.

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