Tre manifesti a Ebbing, Missouri, Recensione film








Una donna affitta tre manifesti, su cui, a seguito della morte di sua figlia e della scomparsa del suo stupratore scrive una denuncia contro la pigrizia e l'indolenza della polizia cittadina.



Un incipit geniale ,che da inizio a un film quadrato, schietto e dal respiro cinico tipico dei Coen, che approfondisce i personaggi in modo eccelso.

Ebbing è una cittadina del missouri, una piccola cittadina nel sud degli stati uniti in cui tutti si conoscono, ma nessuno si fida degli altri.

Martin McDonagh è più lineare rispetto ai suoi film precedenti, ma più carico di immaginifica storia e significato. Ebbing rappresenta la periferia americana, quella profonda, quella che ha votato Trump, avvicinando i suoi personaggi a quelli di Fargo.

All'interno della storia inserisce varie tematiche senza mai toccarle realmente ma lasciando allo spettatore un backround fatto di frasi immagini e modi di essere.

La sceneggiatura è solida e puramente ispirata, si sofferma sull'evoluzione dei protagonisti attraverso una scrittura bulimica e postmoderna.

McDonagh fa un film che già è un cult  in cui a fare da padroni sono le tre interpretazioni principali: Woody Harrelson da una grande interpretazione, molto sofisticata e regolata, Francis McDormand è una strepitosa Mildred Hynes, una donna forte ma sola, una persona energica e decisa ma fragile, un affresco umano. A spiccare su tutti è pero Sam Rockwell, che ha forse il personaggio che più si evolve, anche grazie alla sua camaleontica prova attoriale(oscar in arrivo).

Un film pieno di colpi di scena, scene memorabili, fotografia asciutta e una colonna sonora che miscela folk e moderno in modo vincente, alternando dramma a risate nere.

Tre manifesti colpisce e scuote con questo ritratto americano che prende dai Coen, ma aggiunge un tocco di umanità.








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